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Era esattamente da un anno, ovvero la data dell' acquisto della mia prima Nevada, che spesso la sera mi mettevo a sfogliare l'atlante stradale sognando ad occhi aperti di vivere uno dei "must"di ogni motociclista: un lunghissimo giro sulle strade alpine, ad ammirare e fotografare panorami tra i più belli del mondo, assaporando la gioia dell'andare in moto senza fretta, godendo dei colori e dei profumi della natura che noi cittadini abbiamo dimenticato, apprezzando colori , sapori ed odori di piatti tipici, riscoprire un tempo finalmente un po' più umano, senza il continuo assillo dell'orologio, la semplicità e l'umanità di incontri casuali con gente mai prima vista e che forse mai più rivedrai, ma che condivide con te tante cose anche se usi e costumi appaiono a prima vista diversi e distanti.

 

E così, quando il mio caro e vecchio amico "Geronimo" mi fa sapere che con i suoi amichetti di A&B stanno organizzando qualcosa del genere per gli inizi di giugno, un po sfacciatamente ( ma la conoscenza di vecchia data me lo consentiva... ) mi auto-iscrivo senza essere invitato.

 

Si parte: Cadore aspettami !!! Il mercoledì sera (1° giugno 2005) si passa a controllare e ricontrollare l'"Amante Rossa "( sì, è questo il nome della mia attuale moto...) , a preparare i bagagli e mettere a punto gli ultimi particolari per il viaggio.

Ho appuntamento alle 12 e mezzo a Padova Est, i km sono tanti quindi la partenza da Perugia è prevista alle sei.

Chilometri e pensieri si rincorrono veloci, ed intanto ammiro la bellezza del paesaggio umbro dell'alta valle del Tevere, inondata di luce da un sole già alto.

 

Sono solo le 11 e trenta, forse anche meno quando arrivo al punto prefissato per l'incontro ho trovato un traffico molto scarso, in compenso il sole batte forte e mi devo cercare un posto all'ombra.

 

Mi cerco un albero un po' discosto, parcheggio la moto, mi tolgo casco e giaccone e mi siedo appoggiato al suo tronco, chiudo gli occhi, magari riesco anche a dormire un po'.

 

Quando riapro gli occhi vedo in lontananza due o tre moto ferme : risalgo in moto e li raggiungo.

 

Poco a poco arrivano tutti, siamo un vero campionario di persone amanti delle due ruote, del bel viaggiare, da quel che sento (e vedo !) anche del bel mangiare, ma prima di tutto dell'amicizia e dello stare insieme in simpatia e fraternità.

 

Il mio stomaco inizia a brontolare, così cerco di sospingere il gruppo verso la "mangiatoia", che so essere stata preparata nei pressi da un ospitalissimo Roberto.

 

Spazzoliamo tutto in quattro e quattr'otto, affettati e formaggi spariscono in un battibaleno, si sono visti persino duelli all'arma bianca ( di plastica !!!) per l'ultima fetta di soppressata, il tutto annaffiato da uneccellente bianco frizzante fresco al punto giusto.

Altre scaramucce preannunciano quello che sarà uno dei leit motiv dell'allegra brigata: il gruppo P.C.I. .

 

Salutiamo due amici di Roberto che sono venuti a trovarci a cavallo di due cimeli storici ( un V7 ed un Triumph), quindi ci ribardiamo e si riparte sotto il sole.

Sono solo le due del pomeriggio, via di nuovo per la strada, scorrono veloci paesi e paesotti del trevigiano, passiamo accanto all'avveniristico stabilimento della Benetton, subito dopo un cartello marrone prima di un ponte fa fare un salto indietro nel tempo, ricordando avvenimenti della nostra storia: Piave, fiume sacro alla patria ( ...e il Piave mormorò: non passa lo straniero...) .

 

Eccoci a Vittorio Veneto : finalmente un po di ombra lungo i viali alberati e, soprattutto, fine della pianura !

 

Iniziano le curve ed il paesaggio si fa assolutamente incantevole: lungo il fiume ed all'ombra dei monti è tutta un'altra cosa viaggiare, ci rifermiamo a far benzina.

 

Inizia anche a far freschino, e Roberto sempre a maniche corte, ma come farà ? Arriviamo a Longarone, deviamo e ci dirigiamo su in alto.

 

Non c'è bisogno di ricordare cosa significhi questo nome per l'Italia.

 

Già, ma forse la maggior parte di noi non l'ha vissuta, forse sono il più vecchio della compagnia, in breve raggiungiamo la diga.

Lo spettacolo della gola del Vajont giù in basso è imponente : ma ciò che davvero mi spiazza è avere davanti agli occhi la diga.

Una marea montante di sentimenti mi sta stringendo un nodo alla gola : forse sto per piangere, non so se di commozione, di rabbia, di pietà.

Rapidi si susseguono i ricordi della mia infanzia (avevo nove anni all'epoca...) e poi quelli del recente film e, soprattutto, quelli della stupenda pièce di Paolini (che mi sembra fu girata proprio qua).

 

Andiamo ancora un poco oltre, parcheggiamo in un piazzaletto, accanto c'è anche una chiesina.

Sui grandi massi che delimitano il parcheggio sono fissate delle lapidi a ricordo, con numerosi nomi : quello che era l'invaso, adesso è una piccola vallata, tutto è stato colmato dalla terra della frana.

 

Alzo gli occhi, vedo e capisco : dalla parte opposta, a distanza di quarantanni, la montagna mostra ancora la ferita aperta, un'enorme ferita a forma di "M", lunga due chilometri e mezzo, che ancora geme sangue ; non è ricresciuta una sola pianta, e forse mi sembra di vedere anche i segni di frane recenti : Monte Toc, monte maledetto... o maledetta la stupidità, l'arroganza e la bramosia dell'uomo ????

Posso solo immaginare lontanamente le dimensioni bibliche di quello che deve essere successo la sera del 9 ottobre del 1963, e per fortuna che la diga non si è sbriciolata !

 

Battute scherzose rompono ogni tanto il silenzio, ma sono sicuro che sono solo tentativi di rompere la tensione e la commozione che prende tutti.

Visitiamo anche Erto e Casso, o meglio, quello che ne rimane : soprattutto Casso, così in alto rispetto al piano della diga, ci chiediamo tutti perché non furono ricostruiti dopo il disastro considerando che la gente di montagna è attaccata ai propri luoghi.

O forse lo sappiamo ma non vogliamo dircelo : breve pausa caffè / birra / grappino, due foto e si riparte.

 

Sono sicuro che non è la smania di arrivare che ci mette le ali ai piedi : ho avvertito un forte disagio a stare lì, un senso di sacralità e di rispetto, ma anche di inadeguatezza, di essere al di fuori del tempo e dello spazio, di essere fuori posto, insomma, un intruso,e sono certo che tutti noi lo sentivamo.

 

Si riparte con destinazione Laggio di Cadore : l'andatura è veloce, vogliamo lasciare indietro i ricordi e la tristezza, o forse è solo fame e stanchezza.

 

Anche Roberto intanto si è messo qualcosa addosso : alle diciannove e trenta arriviamo e ci mettiamo subito a tavola in quanto stavano aspettando solo noi per servire.

 

A tavola l'allegria ritorna, complice uno squisito e robusto vino rosso, si ride e si scherza, chi già si conosce ed ha alle spalle tanti viaggi assieme rinsalda i vincoli, chi come me è un novizio inizia a crearli, poi tutti assieme all'angolo del caffè e grappino, ma già l'attenzione è rivolta al domani .

 

In ordine sparso ci si ritrova la mattina giù nel piazzale, le immancabili quattro chiacchiere, un po' di controlli alle moto ( o di semplici carezze... eh sì confessiamolo !!!) , le solite battute sugli immancabili russatori ( ahem... cioè... su di me, temo... quantunque anche Ube che dormiva con me non scherza, ve lo posso assicurare, tanto che ci confidiamo che ci saremmo volentieri presi reciprocamente a scarpate in faccia !!!

 

Il tempo è bello, non bellissimo, ma bello, e neppure freddo : partenza, prima tappa Cortina.

Ed anche la mente viaggia, a ritroso nel tempo stavolta e torna a 23 anni fa: viaggio di nozze, Dolomiti, Cortina, chi sa, forse ritrovo anche l'albergo.

 

Che strano, dopo 23 anni altro viaggio di nozze, stavolta con l'amante... sì, l'Amante Rossa, la mia Guzzi, quasi nuova ( neanche due mesi e circa 8mila km ), ma che combinazione !

Dopo una "veloce" sosta a Cortina (traffico , rumore....per carità !) , finalmente si parte per davvero : i passi , mitici , terribili decenni fa, oggi semplicemente duri.

Strade impossibili, pendenze da brivido : tesi di laurea per guidatori di ogni tipo di veicolo

 

Quanti pensieri !!! E quante moto !!! Decine, centinaia, migliaia di moto ( e non sto esagerando !!!) , italiani e stranieri, tutti qua a far curve e tornanti , una cosa che ha dell'incredibile.

Un po' di apprensione: come sarà lassù la carburazione ? Via col primo: il Falzarego. Dopo un po', presa la mano, la guida si fa piacevole, sii provano pieghe, allunghi e staccate.

 

La discesa fa anche più paura della salita, o meglio, richiede più tecnica - credo - cosa di cui sono assolutamente privo, e guardare la vallata dal ciglio di un tornante senza guard rail non è proprio il massimo della sensazione di sicurezza, ma con calma e senza fretta tutto si risolve, e poi non sono un bambino, la strada di casa anche se mi distanziano la so ritrovare, prima di tutto la sicurezza: è un viaggio di piacere, non una corsa, comunque noto con estremo piacere che in fondo si son fermati a compattarsi ed aspettarmi.

E uno. E via verso il prossimo. Passiamo per Arabba, all'uscita del paese un cartello preannuncia: sua maestà il Pordoi.

Stavolta è più dura: sono 33 tornanti e qui il traffico aumenta, in quanto ormai è mattina avanzata, e bisogna stare più attenti ; uno dopo l'altro i tornanti (qualcuno davvero tosto) ce li lasciamo alle spalle, e siamo alla vetta per la sosta d'obbligo.

Panorama incredibile che ci godiamo sedendoci all'aperto a mangiare : panino, strudel, caffè, l'amicizia si rinsalda, l'aria di montagna aguzza l'appetito e stimola a raccontarsi.

Curioso come sono, chiedo alla cameriera che differenza c'è tra uno strudel di mele ed una torta di mele , mi risponde che il primo è uno strudel e il secondo una torta, ma pensa te !!!

La foto davanti al cartello di valico l'ho fatta ( sarà pacchiana, ma carta canta... per gli amici increduli.... e poi all'Amante gliela voglio far fare tutti i passi !!! ) ed anche davanti al cippo Coppi.

Già, lui sì che li scalava 'sti tornanti qua, altro che noi comodi comodi sulle nostre "aste e bilancieri" !!!!

 

In discesa i tornanti sono "solo"28, ed inizio a prenderci gusto : arriviamo in fondo, o meglio al bivio per Canazei, ma noi ci ributtiamo su in salita, stavolta ci aspetta il Sella.

Anche lui mica male, anzi gli ultimi tornanti sono davvero tosti : solita sosta, stavolta ci sbizzarriamo con i clic davanti al Sasso Lungo, mentre il tempo sembra voler cedere all'acqua ma sono solo nuvole di passaggio.

 

La discesa è più dolce, ed anche stavolta non giungiamo in fondo, cioè a Selva Valgardena ( o se preferite Volkenstein in Grodnertal, non suona meglio in italiano ?), ma prima di Plan de Gralba, riprendiamo imperterriti a salire, verso il Gardena : ormai siamo incalliti scalatori, ce lo beviamo d'un fiato, con la solita sosta in cima.

Il tempo sembra rimettersi, giù in valle è sereno, a Corvara giriamo a destra ed attacchiamo il Campolongo ovvero il quinto passo di oggi, e curve e tornanti sono sempre curve e tornanti.

Ripassiamo per Arabba, che col sole del pomeriggio e la diversa prospettiva sembra addirittura un altro paese : giriamo a sinistra ripercorrendo a ritroso solo pochi km della strada già fatta all'andata, ma poi il buon Roberto, per non farci annoiare su strade già percorse, ci guida a capofitto giù per una discesina niente male fino ad arrivare a fondovalle, a circa 1000 metri d'altezza.

Di qui, non contenti di quello fatto finora, e dovendo pur ritornare verso casa, abbiamo "tagliato"

per il Passo Giau : non c'era di meglio per finire in bellezza !!!!

Sarà stata la stanchezza che incominciava a farsi sentire, sarà che non me l'aspettavo, ma dei "sei passi" della giornata è stato,secondo me, il più tosto : stretto e ripido, fa risalire in pochi km di tornanti a 2233 metri ( solo 6 in meno del Pordoi...).

Gli incroci con le auto non sono sempre agevoli, neppure per noi in moto, e poi ci sono gli onnipresenti ciclisti (nostri fratelli di due ruote...) a complicare le cose.

 

Alla sosta ci aspettano due simpatiche sorprese: il chioschetto in legno delle bibite davanti al rifugio aveva appeso un bel cartello color rosso Mandello con su scritto "Moto Guzzi Parking Only" e la seconda , cioè l'incredibile monumento con il totem cui è saldamente ancorata una Morini d'epoca.

 

Panorami a perdita d'occhio fino al Grossglockner (che non ha bisogno di presentazioni, vero ?), Croda Rossa, Cristallo, Sella e Marmolada.

La sosta è stata più lunga del solito, forse la stanchezza la sentivamo un po' tutti, ma poi i soliti nuvoloni neri e le lancette ormai arrivate alle 17 ci fanno rimontare in sella per l'ultima trottata.

Come al solito l'essere socio fondatore e Presidente del "P.C.I." mi fa partire per ultimo : e stavolta pago pegno.

Quando, finalmente , ho quasi raggiunto il gruppo di testa, trovo la strada un po bagnata (evidentemente deve aver piovuto un po' ) e rallento ancora : riprendo coraggio e torno a spingere, fino a rivedere l'ultimo che mi precede, arrivando all'incrocio con la strada che sale al Falzarego , e qui un bel camioncino mi si frappone e addio ricongiungimento.

Pazienza, tanto so che mi aspettano, già, ma <usque tandem> , fino a quando ? Dopo un altro po' devo rifermarmi per le incombenze tipiche del gruppo "P.C.I." e quindi arrivo a Cortina, ma dove si saranno cacciati ?

Beh, mi dispiace solo che stiano in pensiero per me, lo so, la colpa è mia e dell'appartenenza al maledetto gruppo P.C.I. (ormai avrete capito di cosa si tratta....) ma cosa ci volete fare ?

In pieno relax arrivo a al bivio di Pieve di Cadore, e qui li ritrovo alfine : chiedo scusa a tutti, ma la mia prostata fa proprio le bizze ( eh sì, P.C.I. significa proprio questo: Prostatici, Cistitiche ed Incontinenti in genere, cosa avevate capito ?).

Il giorno dopo troveremo ancora

 

Possiamo prendercela però con più comodo, perché non abbiamo una meta ben precisa, solo una vaga destinazione verso i laghi della zona, poi si vedrà.

Passiamo veloci lungo il primo, il lago di S.Caterina ad Auronzo; poi risaliamo tranquilli la valle dell'Ansiei dentro una bellissima e rassicurante abetaia, quindi si inizia a salire decisamente ed in breve si arriva al famosissimo lago di Misurina, ove si specchiano le altrettanto famosissime Tre Cime di Lavaredo, o almeno avrebbero dovuto specchiarsi.

Già, perché il lago è in condizioni penose, dovrebbe mancare un metro abbondante di acqua, che fine avrà fatto ?

Possibile che con tutta la neve che fa da queste parti manchi l'acqua ? Mi incammino mestamente sulla poltiglia secca e puzzolente di melma che una volta ne costituiva il fondo, e ripenso a quando lo vidi per la prima volta 23 anni fa, in viaggio di nozze, quando torno a casa voglio andare a ricercare le dia !!!

Si riparte e dopo poche centinaia di metri c'è il primo passo della giornata (una collina, anzi un falsopiano, in confronto a quelli di ieri: tantè che si chiama Col S. Angelo), e poi giù a scendere in Val di Landro verso Dobbiaco : il fiume in fondo valle non si chiama Landro, ma Rienza, invece si ritrovano il laghetto di Landro e poi quello di Dobbiaco oltre ad una bella pista da footing e/o mountainbike lungo la strada.

Siamo diretti al lago di Braies : posto magnifico, stupendo, piccolo gioiello incastonato in una maestosa cornice di monti a picco.

 

Nei pochi chilometri mancanti all'arrivo il sole scompare, il cielo si copre di nuvole pesanti, anche se non nere,e la temperatura si abbassa.

 

Ci soffermiamo a fare un po' di foto ed a scherzare , e sto quasi per convincere la comitiva a fare a piedi il giro del lago: ne vale davvero la pena, anche se ci vorrà un'ora buona e forse più , ma , ahimè , il tempo peggiora ancora e non insisto.

Ci mettiamo invece in movimento seguendo un impalpabile profumino di salsicce alla brace proveniente da chi sa dove: e mentre arriviamo alla fonte di cotanta tentazione - e di colesterolo - inizia a piovere, con tipico spirito "motociclistico" , intanto che le nuvole si svuotano, noi riempiremo gli stomaci !!!!

Ma non ne vuol sapere di smettere, anzi sembra stia peggiorando : a fine salsicciata rapida consultazione ovvero si decide di tentare andando avanti verso un passo che ci porterà in Austria, se verrà giù di brutto faremo sempre tempo a tornare indietro.

Primo obiettivo l'insidioso passo Stalle (oltre i 2000mt. s.l.m. , ovvero un buon rischio neve), dopo poco si ricomincia a salire, per la Valle di Anterselva, fino all'omonimo e bel lago, fronteggiato dall'immancabile struttura ricettiva.

La pioggia ci accompagna sempre, ma è meno violenta, si è trasformata in quello che sembra una leggera ma fitta pioggerellina di aprile : alzando gli occhi, oltre le montagne, verso nord, sembra che il cielo sia più chiaro,ma prima occorre passarle, le montagne!

 

Si sale sempre più ripidi, fino ad un semaforo, ohibò,sì, perché il passo Stalle è regolamentato: un quarto d'ora di passaggio, e tre quarti d'ora di stop. Motivo ? E' stretto, molto stretto, strettissimo: praticamente è largo quanto un'auto, e di quelle piccole e la strada si inerpica all'interno di una vera e propria foresta.

Arriviamo in cima senza ulteriori problemi, e siamo subito in Austria : la strada torna normale, passiamo lungo l'ennesimo laghetto e si riscende.

 

Sarà la consapevolezza di essere fisicamente in Austria, ma mi sembra che il paesaggio sia cambiato, e comunque diverso da quello dolomitico.

Continuiamo a scendere, adesso più dolcemente, e davvero adesso il paesaggio è cambiato,tutto è diverso: la conformazione orografica, le case, i piccolissimi borghi, l'attività delle persone,del resto basta guardare l'atlante , da questa parte del confine tutto è concentrato lungo la strada di fondovalle, che in genere decorre abbastanza rettilinea, e tra una vallata e l'altra c'è il nulla, almeno dal punto di vista degli insediamenti umani.

Natura incontaminata per chilometri e chilometri e penso a quello che ciò comporta dal punto di vista dei rapporti interpersonali, degli scambi di idee e di oggetti, insomma di problematiche nella vita di tutti i giorni.

 

E di come tutto ciò magari influenzi il modo di pensare delle persone, il loro modo di vivere e di agire,sì, sono proprio in un altro mondo.

Arriviamo a Lienz, e vista l'ora decidiamo una bella sosta in città : in teoria per una visita turistica, ma si scoprirà che tutti abbiamo una fame da lupo, evidentemente la salsicciata non è bastata.

 

E' bello stare placidamente seduti al bar a far quattro chiacchiere davanti ad una bella fetta di torta, specie adesso che il sole sta tornando fuori, ma inesorabile il tempo scorre e dobbiamo ripartire.

Adesso la strada verso il confine con l'Italia è davvero scorrevole ed invita a "pestare", ma presto troviamo una pattuglia di polizia e addiveniamo a più miti consigli.

 

Al passo di Stalle non c'era alcuna struttura fissa che ricordasse l'esistenza del confine di stato, tanto che inizio a credere che la stretta stradina che abbiamo percorso sia abbastanza recente, forse proprio per togliere dall'isolamento gli abitanti della vallata austriaca.

Qui invece sono ancora esistenti tutti gli edifici tipici dei confini, ormai naturalmente chiusi ed inutilizzati, gran bella cosa la Comunità Europea, e mi vengono in mente i milioni di morti della Grande Guerra, che qui da queste parti deve aver picchiato sodo, cosa penseranno adesso quei poveracci di entrambe le parti che sono stati qui mandati al macello, vedendo che a neppure centanni di distanza non esiste più nemmeno una linea, una sbarra, e l'unico segno tangibile è una bandiera di un altro colore che sventola sul pennone ed un cippo in pietra ? Ne è valsa la pena ? Sono morti per nulla ?.

 

Così mi metto a canticchiare la Guerra di Piero di F.De Andrè giungendo a S.Candido, dove mi sorprende l'immagine di un grande scalo ferroviario, destinato al traffico merci di legname, evidentemente fiorente commercio della zona, con fasci e fasci di binari, ma tutto completamente deserto, nemmeno l'ombra di un carro, nemmeno dei passeggeri,che strano !!!

A Padola ricominciamo a salire per quello che sarà l'ultimo passo dei nostri fantastici due giorni, il Passo del Zovo : la salita è praticamente insignificante, ma la discesa è da brivido, e mi sorprendo - forse complice la stanchezza o forse l'ho preso troppo sotto gamba - a commettere parecchi errori.

Ripassiamo per Auronzo e dopo 270 km, quattro passi ed otto laghetti torniamo in albergo : siamo tutti un po' stanchi, ma a cena ci tiriamo su il morale, che già volge al melanconico per la fine della vacanza, scolando con rumorosi brindisi un numero indefinito di bottiglie, per poi passare al reparto "grapperia" e fare altrettanto .

 

Intanto ha cominciato a piovere, viene giù davvero forte, e seguiterà per buona parte della notte,ma sarà una doccia notturna in quanto la mattina il sole è già tornato a risplendere ed il viaggio di ritorno si preannuncia tranquillo.

Facciamo ancora un po' di strada assieme, fino a Mestre, ma qui i destini inesorabili ci dividono e dobbiamo salutarci : farò tutta una tirata fino a casa, dove arriverò poco prima delle sedici per piombare a letto e dormire fino quasi alle nove.

Poi Geronimo mi riferirà che qualcuno ha trovato carrettate di traffico e qualcun altro è rimasto senza benzina,ma tutto è filato liscio: e qualcuno,non contento delle curve fatte ha proseguito da solo per la Carnia (vero Roberto ?).

 

Ci sarebbero cento, mille altre cose da raccontare, cento, mille pensieri da condividere, ma mi accorgo che sono stato anche troppo prolisso,chi sa, forse nessuno arriverà neppure a leggere fin qui .

 

Ragazzi, che dire ? Mi sono divertito un mondo, la compagnia è stata stupenda, la strada ed i paesaggi quanto di meglio c'è in giro, l'organizzazione impeccabile nonostante fatta in casa ( o forse proprio per questo ?) , il tempo tutto sommato ci ha assistito, non ci sono stati inconvenienti.

Ma soprattutto ho trovato persone squisite che hanno il mio stesso modo di intendere il viaggiare in moto: se sia il più giusto non lo so, ma di certo è quello che più mi si addice.

 

La realizzazione di quello che sogno nelle sere di inverno ad occhi aperti sopra gli atlanti, viaggiare, sì, viaggiare: gruppo piccolo ma affiatato, buona compagnia, bel mangiare, poche ma ben ripartite soste, voglia di guidare la moto, voglia di chilometri e di vedere posti e gente nuova, di vedere il mondo, di assaporare la vita.

Ideali condivisi, non importa se qualcuno è vestito da biker ed ha la moto taroccata da biker e qualcun altro è tutto preciso quasi elegante con la moto lucidata fino all'ultimo filetto dell'ultimo bullone,non importa se c'è qualche catena in mezzo a tanti cardani, se qualcuno ha l'aquila sul serbatoio e qualcun altro no.

 

Quello che conta è "cuore-anima-cervello", il resto è solo scorza che talvolta può ingannare , ma per arrivare al nòcciolo occorre conoscersi e per conoscersi l'ideale è viaggiare assieme: noi lo facciamo nel senso etimologico del termine,

in sella alle nostre amate,la conoscenza è sempre un viaggio, dentro le rispettive anime, lungo le strade della vita.

 

Grazie.

Buon viaggio a tutti, e alle prossime!

 

Francesco (Mastrolindo) e la sua Amante Rossa

 

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